mercoledì 12 gennaio 2011

La Generazione IKEA

L’ambiente intorno era chiaro, allestito come un soggiorno. C’erano due divani bianchi, mensole di cristallo, lampade a stelo, scaffali impreziositi da libri e CD. Ovunque erano disposti accessori dall’apparenza discreta - portapenne, scatole, cuscini - che davano all’insieme verosimiglianza e calore. Ero a mio agio. Era come essere a casa di un vecchio amico. Ero all’IKEA.
Da come i visitatori si avvicinavano ai prodotti esposti, dai ragionamenti necessari a valutare l’opportunità di un acquisto, dai loro prolungati silenzi davanti a un armadio a tre ante o a un appendiabiti di acciaio ritorto, da tutto questo trasparivano infinite storie possibili.
Per mesi ho sbirciato l’intimità collettiva di una generazione che proprio in IKEA trovava le sue certezze. Chi erano?
Lì, davano forma alle scenografie di matrimoni, divorzi, nascite, traslochi, fughe, convivenze, trasferimenti. Tutte discontinuità a volte desiderate, magari a lungo sognate, altre volte temute e mal sopportate, con pochi dettagli sicuri nel presente e grandi incertezze a fare da quinte per il futuro.

Non mi è bastato stare lì a guardare.
Ditemi, chi siete, visitatori dell'IKEA?
Raccontatemi perchè siete fermi immobili davanti a uno scaffale carico di libri scritti in svedese?
Cosa significa girare col carrellone ben saldo tra le mani?
A casa, studiate il catalogo e prendete le misure o l'ispirazione viene direttamente lì, dentro lo scatolone giallo e blu?